Non c’è continente, ormai, che non abbia avuto la fortuna di poter ammirare le opere scultoree, ma anche la grafica, di Enzo Carnebianca, uno scultore che segna una pagina importantenella storia moderna nella cultura italiana con le sue opere simbolico-surrealiste.
Tutta la sua esperienza formativa ed espressiva ha una connotazione tanto intimistica ed autonoma quanto universale.
Egli rifiuta – ed a ragione – riferimenti a Dalí ed allo stesso De Chirico.
La sua rappresentazione del concetto, dell’io, della forma, non si rifanno a canoni tradizionali anche quando corpi e volti hanno richiami sia al mondo classico sia a quello figurativo contemporaneo. Caso ma potremmo richiamarci ad echi di positure che vanno dalla grande tradizione scultorea indica alle ipotesi della futuristica extraterrestre.
È la mente che dà corpoè la materia che si trasfigura e si proiette nell’astrazione del simbolo, dal reale al surreale.
Forse potremmo trovare chiavi di lettura interpretativa nel mito delle terre delle sue origini di un’area che spazia fra Lazio, Campania ed Abruzzo; un’area non tanto geografica quanto culturale ricca di classicità, ma anche di culti misterici mediterranei, di oracolismi.
È questo senso di non limite fra reale e irreale, fra presente e futuro, fra esistente e simbolo, che rende fascinosa l’opera artistica di Enzo Carnebianca ed il suo successico espositvo in Europa e nel continente americano, come testimopnia un vastissimo dossier critico e giornalistico.
Le sue sculture sono raccolte in musei, collezioni; ornano piazze e palazzi ed ora sono esposte in una prestigiosa mostra al Castello dell’Aquila.
Montecitorio, 27 giugno 1995
Prof. Carlo Savini