Enigma

Il sincretismo che sta alla radice dell’opera di Carnebianca trova nell’Enigma la più limpida dichiarazione di genuinità e allo stesso tempo la soluzione più compiuta, e perciò semplice, dal momento che ogni elemento pare assestarsi al posto giusto, senza per questo rinunciare a costituirsi come “problema”, come enigma finale, appunto. Al posto del “quadrante d’orologio-terzo occhio” che compariva sulla fronte delle statue del Tempo e dell’Attesa, e che induceva in esse una temporalità immanente che si sposava con la dimensione trascendente data dalla posizione yoga padmasana (del fiore di loto), si apre ora un normale foro di serratura, dall’apparenza addirittura quotidiana e dalla valenza femminile, e che può essere facilmente aperto dalla chiave “maschile” (staccabile, e magneticamente ancorata al supporto) poggiata sulla base piramidale che regge il capo (vi compare anche un grumo di materia, quell’hyle amorfa che sta alla radice del nostra angoscia esistenziale) e che è strutturato in modo da rammentare costruzioni di antiche civiltà trascorse ma (sembra intendere l’artista) non perdute, perché restano al fondo del nostro essere, sono la nostra “base ontologica”, salda ed eterna: ancora una volta la temporalità, dunque, ma incarnata ora da un simbolo preciso. Dunque l’artista da un lato ci mostra che la mente può letteralmente aprirsi, espandersi, comprendere il Tutto sulla base della conoscenza del passato, e non più per via di un’illuminazione superna ma sulla base di un’attività sia razionale sia dettata dall’istinto (la chiave che si incastra nella serratura e fa girare il meccanismo dell’apertura è una metafora dell’atto tanto intellettuale quanto sessuale) le cui motivazioni l’Uomo può trovare in se stesso e che si riflette nella sfera della spiritualità. Dall’altro ci mostra la fine dell’attesa, il compimento della temporalità ontologica nell’apparire del kairòs, il quale è il momento giusto per operare, per agire, per compiere l’esperienza. La dinamica dell’attività interiore dell’Uomo è così spiegata, Carnebianca è riuscito a imboccare la strada maestra, a penetrare la giusta dimensione del cammino all’interno dello spirito. Ma ancor più prepotente a questo punto resta l’enigma sotteso alla poiesi e alla prassi stesse dell’arte: cosa troverà la mente del nuovo Androide appena dischiusasi? Cosa troverà, quanto dolore esistenziale l’Artista, spinto all’azione, impegnato nella creazione, sperimenterà al rinvenimento di un orizzonte nuovo?

Marco Gallo