La donna “dolce stil novo”. La donna dell’Alighieri, Petrarca, Cavalcanti. La donna della letteratura cantata nel Trecento. Sogno bellissimo, incantamento d’animo, proiezione d’infinito. Realtà antica e rimpianto del presente. Il “dolce stil novo” era.
Il “dolce stil novo” …quel tralasciare il male per un vivere gentile, aggraziato e certo. Quel cantare in rima per un “cortese” amare… “l’amor estatico suscitato dalla donna angelica”. Realtà remota e nostalgia amorosa, melanconia sottile e incontenibile al ricordo. Il “dolce stil novo”, era.
Può il nostro incongruo presente, pensare ad una donna stilnovista? In verità, no. Solo rimpianto semmai è questa donna, solo utopia per l’uomo, desiderio irrealizzabile nel concreto di una vita contenente quasi tutte le accezioni dell’osceno: morte, violenza degrado e barbarie, oblio di tesi immortali. Solo proiezione può essere la donna, oggi, di remoti sogni. Nell’alto medioevo dell’era nucleare, il nostro tempo, “la creatura angelica” è solo riflesso di un desiderio inconscio. Eppure, se il concreto rifiuta quel “dolce stil” che più non esiste, la fantasia può, per virtù d’emozione, creare l’essere perfetto o la perfetta illusione. E fantasia e cultura, poesia e disegno, ridanno all’immagine, oramai trascorsa, vita, e vita “nova”.
Elevazione. Danza nel tempo. La donna di Carnebianca è creatura flessuosa, longilinea, morbida nelle carni, ritmata nelle movenze, dalle forme turgide e nell’insieme amabili; creatura delicata, pura e gentile. Creata per desiderio d’amore.
Nausicaa è il suo nome; così il suo Autore l’ha chiamata poiché è speranza e giovinezza, vita che si propone.
Nausicaa ha le braccia protese in uno slancio intenso, quasi ad afferrare il cielo o ad offrire. In tensione assoluta è proiettata in alto e? in un movimento di danza. Danza-rituale, forse? Uno slancio salvifico fuori testo, pare, nella poetica di Carnebianca. L’eccezione rara. Ma così non è. Se tesi e ideologie dell’artista sono il non-tempo come lei immoto, eterno.
Nausicaa dunque le braccia ha protese. Donna-profferta? Preghiera-offerta?
Cosa insomma questa donna?
Un essere senza tempo (l’orologio non ha lancette) ma donna che nell’elevazione di sé, va oltre sé. Porta con sé il passato, le memorie, la tradizione, le idee ma? solo per quel momento che ancora non è e che appena vissuto è già passato. Ferma l’attimo la donna, è fissità, quindi, il punto evanescente e l’unico esistente.
E pure ella è il tramite delle due dimensioni (mentali) del tempo. Se punto fisso e sintesi, dal passato al futuro ella è il tramite. Questo è il suo ruolo e tutto lo asseconda chiedendo di condurre a sé e per sé, verso quel colore indefinito azzurro che è il “nostro” colore dell’eterno, ogni essere o cosa. Suo potere è farlo (che altro fece Beatrice infine?).
Ma Nausicaa è una delle tante creature che popolano il non-tempo dell’autore, creature più di lei irreali, nate dall’inconscio e che di esso sì sostanziano. Creature incredibili dai volti infantili, puri, gli occhi grandi, i crani impossibili, abnormi; creature androgine, creature nuove… Questa commistione “maravigliosa” di animali fanciulle, esseri indefiniti… graziosamente danzanti.
Le nuove Ninfe, proiezioni ammaganti che d’innocenza vivono. Nell’atemporale spazio danzando qualificando il proprio essere, un essere al quale sconosciuto è il male, un essere fatto di letizia amorosa e giuoco ameno. Nel sorriso e nella grazia di movenze impossibili, anch’esse donano ma? nulla chiedono, né potrebbero, vivendo di sé nell’irreale Eden.
Una nuova mitologia, questa creata dall’Autore. Nausicaa ha sembianze umane e spanersificate sono quelle delle Ninfe; ma Nausicaa è il “tramite” del tempo, Nausicaa intercede… Le nuove Ninfe, aggregazioni fantastiche di creature inventate, sono l’innocenza che nell’atemporale appare e là s’afferma.
Vorremmo con esse, creature felici, vivere in un sovra-reale che pur dona sorriso; un fluttuare con le fanciulle “strane” nel tempo presente illimitato, spazio di pura energia, energia d’amore e di luce chiara (serenità).
Sortilegio e meraviglia del pensiero, esse sono nel mondo dei miti e delle allegorie struggenti. Realtà dello spirito e della mente, esse li vivificano e li sostengono, li arricchiscono di simbologie arcane e accenti astrali.
Una mitologia nuova dunque è stata creata e sempre è un rifuggire la vita chiedendo all’arte e alla bellezza quel mondo a noi necessario per sussistere, per ideare, plasmare realtà nemiche mutandole in benefiche; segni auspici controversi però di virtù potenziali, di alchimie propizie di vita nuova. Simbologie inquietanti, certo, ma necessario tuttavia è accettarle perché speranza di bontà rinnovata e di clemenza.
“Noi non spaziamo, non abbiamo possibilità di spaziare – dice l’Autore – ma l’occhio dell’inconscio spazia e vuole staticità, e perché in essa è serenità, quiete, conoscenza. Ho creato esseri androgini perché volevo recuperare tutti i valori dell’uomo e dell’universo e come forma di espressione cercavo una figura dal volto gentile di fanciulla innocente: occhi grandi, bocca carnosa e? implume; fuori dal tempo e da ogni realtà concreta”.
Un mondo irreale fatto di filosofia e fantasia, questo di Carnebianca: “creazione” sui generis di un puro sogno. Ma l’unico mondo possibile, per l’Autore-scultore, unico mondo cui acconsentire, da credere e artisticamente da vivere.
Roma, aprile 1997
Clotilde Paternostro