Dario Bellezza aveva rintracciato la scaturigine dell’angoscia di Carnebianca nella «connessione tra mortale finitezza e infinità del cosmo», che, in positivo, genera una tensione in direzione dell’interiorità, attuata per via di un discorso non retorico (Presentazione, in Enzo Carnebianca. Bronzi – Ori – Tecniche miste, Roma 1994, s.n.p.): l’elevazione verso la trascendenza, attuata attraverso il riconoscimento, di stampo fenomenologico, della temporalità costitutiva dell’Essere (paradigmatiche sono, oltre alle opere qui esposte, anche Elevazione, La Chiave della Vita e Sublimazione: cfr. il cat. della mostra Enzo Carnebianca, a cura di C. Vivaldi, Malta 1989), nel surrealista-parallelo Carnebianca, finisce per rivelarsi come brama di introversione e di chiusura, come se si tramutasse implodendo (fondamentale è il dipinto Stato di abbandono, del 1977, in cui l’Artista si ritrae appiccato al cielo e legato al suolo): ora l’essere è realizzato nel presente, la sua temporalità è definita in un percorso puntuale, ma è divenuta uno stato di quiete o di assenza perenne in cui l’individualità si perde. Ormai aliena a se stessa, la figura si accuccia (Nudo in posizione fetale, 1988), si schiaccia al suolo assumendo la forma dell’uovo (come nella statua Raccoglimento, qui esposta, basata su un disegno oviforme del 1989; l’uovo come antico simbolo di vita torna in molte opere dell’Artista), come per nascondere a tutti la nuova dimensione etica e conseguentemente formale (la nuova Bellezza) -o l’autocoscienza dolorosa- conquistata.
Marco Gallo